Prima vera condanna per i crimini di Assad

La vera notizia è che la macchina della “tortura di stato” in Siria inizia a mostrare i suoi ingranaggi. Si stanno identificando e condannando penalmente facce, nomi, circostanze che confermano una volta di più come questa pratica, nel regime di Assad, sia un’istituzione organizzata, oliata e attuata sul modello di una vera “produzione industriale”.  E da stamattina il muro di impunità di Bashar al Assad, che di quella istituzione è a capo, ha un crepa enorme: al processo in corso a Coblenza, in Germania, è arrivata la prima condanna.

Eyad al Gharib, 44 anni, era in Germania dall’aprile del 2018 come rifugiato. Dopo di lui è stato arrestato un ex colonnello dell’intelligence di Assad, Anwar Raslan, 58 anni, che in Germania c’è arrivato nel 2014. Sono entrambi a processo. Stamattina appunto i giudici dell’alta corte di Coblenza hanno condannato al Gharib a quattro anni e sei mesi per aver contribuito ad arrestare nel 2011 una trentina di manifestanti a Duma e trasferirli nelle prigioni del regime. Prigioni in cui si tortura e di uccide. Lavoravano entrambi per la più potente agenzia di intelligence civile della Siria, la GID. La sentenza per al Gharib è arrivata presto sia per la defezione del regime che per la collaborazione dimostrata con i giudici. A Raslan, che della GID era un colonnello operativo nella prigione di al-Khatib, vengono invece contestati 58 casi di omicidio, violenze sessuali e stupri. In totale avrebbe avuto un ruolo nella tortura di circa 4.000 persone tra il 2011 e il 2012 e per lui il verdetto potrebbe arrivare ad ottobre. Rischia l’ergastolo. 

Per la prima volta è stato condannato un alto funzionario del regime siriano per le atrocità compiute contro i civili. Processo che è stato possibile grazie al principio di “giurisdizione universale”: i crimini contro l’umanità sono perseguibili anche fuori di confini del paese in cui sono stati commessi. Si puo’ applicare, va applicato. Anwar al Bunni, avvocato, attivista e prezioso collaboratore dei giudici per l’istruzione il processo, si è ritrovato faccia a faccia con Raslan in un negozio a Berlino qualche anno fa: era stato lui ad arrestarlo a Damasco nel 2006. E’ sopravvissuto a 6 anni di prigionia. Insieme ad al Bunni, altri dieci testimoni hanno raccontato ai giudici cosa hanno subito in quelle carceri. 

“E’ un punto luminoso nella storia della magistratura tedesca e della storia della giustizia globale” -ha detto al Bunni nella nota ufficiale del Syrian Center for Legal Studies & Researche, diffusa subito dopo la sentenza. “La condanna di al Gharib è anche un messaggio per tutti coloro che ancora commettono i crimini più terribili in Siria, per ricordare loro che il tempo dell’impunità è finito, e non esiste nessuno posto sicuro per sfuggire. Un messaggio anche per tutti i complici che hanno facilitato e aiutato i criminali a commettere i loro crimini. Non siete al sicuro dalla punizione, e non troverete scuse per scagionarvi dalle conseguenze dei crimini che avete facilitato, supportato o istigato a commettere”. 

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