In difesa del “carcere duro”: nessuno tocchi le norme antimafia

La sentenza della Corte Costituzionale sul carcere ostativo arriverà nei prossimi giorni, dopo che la Cassazione ha sollevato l’eccezione di costituzionalità sul caso di Salvatore Francesco Pezzino: mafioso di Partinico, 30 anni di carcere già scontati, mai stato collaboratore di giustizia, che nel 2018 ha chiesto la libertà condizionale come previsto per chi ha già passato dietro le sbarre almeno 26 anni. Glielo vieterebbe l’articolo 4 bis. Che adesso potrebbe essere dichiarato incostituzionale.

Il timore è che il caso sia l’inizio dello smantellamento di uno dei punti saldi della normativa antimafia, ispirata dal lavoro e dalle intuizioni del giudice Falcone.

Nel 2019 una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo aveva chiesto all’Italia di riformare tutta la norma sul carcere ostativo, il carcere “duro” a cui sono sottoposti condannati per reati mafiosi, terrorismo ed eversione e introdotto dopo la strage di Capaci, perché ritenuto “trattamento inumano e degradante”. E’ disciplinato dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario: se i condannati per i reati previsti dall’articolo dopo la condanna ( all’ergastolo o no) non collaborano con la giustizia, non possono accedere ai benefici previsti per tutti gli altri detenuti. Successivamente la nostra Consulta aveva aperto ai “permessi anche a chi non collabora con la giustizia”, ponendo dubbi sulla “pericolosità sociale” del soggetto: non collaborare non presuppone il mantenimento del legame con il clan, ma potrebbe essere dovuto all’intento di proteggere la famiglia, non voler accusare parenti, temere per la propria incolumità. 

Ma non sarà che chi non si “pente” e non collabora, potrà tranquillamente fingere di farlo per ottenere sconti ed agevolazioni nel regime carcerario coltivando con ancora più facilità legami e affari? E cosa faranno i detenuti “fine pena mai” che non hanno mai collaborato come Giuseppe Filippo Graviano, condannati per la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, mandanti dell’omicidio di don Pino Puglisi e tra le menti delle bombe di Firenze, Roma e Milano?

Questo è un attacco alla lotta antimafia in Italia.

Il 5 aprile è stata la giornata in difesa del carcere ostativo e del regime del 41 bis, voluta dalla Fondazione Antonino Caponnetto, che adesso ha deciso di mobilitarsi in modo permanente per dire no agli sconti di pena ai mafiosi e per difendere le norme antimafia.

Potrà essere modificata la normativa solo quando tutte le vittime avranno avuto giustizia, quando la mafia sarà cancellata nella mentalità, nelle istituzioni, nei settori economici del paese. Quando forse il carcere avrà una vera funzione rieducativa. Quando non ci sarà più bisogno del carcere. La spirale è utopica. Per adesso, la mafia va combattuta, non agevolata. E’ una battaglia di civiltà. 

In tanti hanno inviato messaggi e video appelli alla Fondazione. Potete leggerli e ascoltarli qui. 

https://antoninocaponnetto.blogspot.com/2021/03/blog-post.html?fbclid=IwAR2vlVyJnUJdeZ1PPTjhnfoIy7YGsbuLw7amA0gDAgFSV7Gh3NvIT4gVCd0

Questo è il mio, postato anche su Instagram: 

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